>> ITA
The lockdown pulled me back to the supermarket wine shelf… shall we talk about it?
You know, I have no prejudice towards the sale of wine in large-scale retail trade, it’s just that the most basic rules for the correct storage of wine cannot be respected inside a supermarket (temperature, humidity, lighting, noise).
Let’s speak about quality then, again based on objective criteria, those inspiring my motto “drink yourself smarter” (wine, of course ..). A “good” wine is first of all a “healthy” wine, well made, correct even if not necessarily a masterpiece.
Well, to produce healthy wines cost effort, as demonstrated by the commitment of small or medium producers who respect those cultivation (work in the vineyard) and winemaking (work in the cellar) practices that make the difference between a healthy wine and a sick one.
An example of sick wine? The one that instead of a good smell of the fruit from which it is made of, presents a bad smell deriving from the excess or absence of sulphites: in the first case it will smell of sulfur, in the second of something else not very recommendable and precisely because of the lack of an appropriate dose of preservative.
The consumer price of a bottle of wine obviously reflects the effort of the wine producer. As a matter of fact the price is one of the main objective indicators of the quality of a healthy wine, putting aside the so-called cult wines that enjoy the extra charge due to exclusivity. As well as may be superfluous to highlight that the average price of wines for sale (and sold) in large-scale distribution is dangerously low. For who? For the health of those who drink them, unfortunately!
I will continue to write on this topic, which I particularly care about and which I think deserves a thoughtful consideration by all those who love drinking wine.
Meanwhile, I refer my readers to the following blog and social posts in the “my WAY” category for the sensory evaluation of those wines I’ve picked from the shelf of a large-scale supermarket and which I would still recommend.
Il confinamento (alias lockdown) mi ha riportato davanti allo scaffale dei vini al supermercato… ne vogliamo parlare?
Sapete, non ho nulla di pregiudiziale verso la vendita di vino nella nella grande distribuzione; è solo che le più elementari norme per la corretta conservazione del vino non possono essere rispettate all’interno di un supermercato (temperatura, umidità, illuminazione, rumore).
Parliamo poi di qualità, anche in questo caso sulla base di criteri oggettivi, quelli che ispirano il mio motto “bevi in modo più intelligente” (il vino, s’intende..). Un vino “buono” è prima di tutto un vino “sano”, fatto bene, corretto anche se non necessariamente un capolavoro.
Un esempio di vino malato? Quello che al posto del buon odore del frutto da cui proviene, presenta invece il cattivo odore derivante dall’eccesso o dalla assenza di solfiti: nel primo caso puzzerà di zolfo, nel secondo di qualcos’altro poco raccomandabile, proprio per la mancanza di un’appropriata dose di conservante.
E’ naturale che la fatica del vignaiolo si rifletta nel prezzo del suo vino per il consumatore. Il prezzo rappresenta di fatto uno dei principali indicatori oggettivi della qualità di un vino sano, mettendo da parte i cosiddetti vini culto che godono del sovrapprezzo dovuto all’esclusività. Ed è superfluo evidenziare che il prezzo medio dei vini in vendita (e venduti) nella grande distribuzione sia pericolosamente basso. Per chi? Per la salute di chi li beve, purtroppo!
Riprenderò in seguito questo argomento a cui tengo particolarmente e che penso meriti un meditato approfondimento da parte di tutti coloro che amano bere vino.
Rimando i miei lettori ai prossimi post su blog e social nella categoria “my WAY” con l’analisi sensoriale dei vini selezionati tra quelli disponibili al supermercato e che mi sento di raccomandare.